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La AnimeJappoManga biblioteca

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2010 20:03
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Età: 54
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15/03/2009 18:07



TITOLO: Manga Academica vol. 1, rivista di studi sul fumetto e sul cinema di animazione giapponese
AUTORE:
CASA EDITRICE: Società Editrice La Torre
PAGINE: 134
COSTO: 10,5 €
ANNO: 208
FORMATO: 20 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Raro nelle librerie di Milano

In pratica questa collana (siamo al volume 1) vorrebbe essere, e speriamo che sia, una pubblicazione delle tesi e degli articoli relativi a convegni e a conferenze sui manga e gli anime. Tesi ed articoli che altrimenti rimarrebbero relegati a pochi. Un'idea meritoria che mi auguro continui. In questo primo numero ci sono i seguenti articoli:
1)Un saggio introduttivo di Gianluca Di Fratta su gran parte dei saggi pubblicati in Italia inerenti a manga/anime/Giappone. In pratica quello che è contenuto in questo topic;
2)Un approfondimento di Lucia Massimino sulle opere di Masamune Shirow e il cyberpunk, in particolare su Appllessed e Gost in the Shell;
3)Un interessante articolo di Nicoletta Preziosi sulle politiche editoriale delle case editrici giapponesi di manga;
4)Infine la traduzione italiana (a cura di Emilia Disclafani) e relativi commenti sull'opera di 2 numeri (il primo numero "I nuovi alunni" e "Il gioco assurdo") del primo manga di successo (e di scandalo) di Go Nagai, Harenchi Gauken (La scuola spudorata). Considerando che è stato pubblicato ala fine degli anni 60 è abbastanza forte, penso che da noi non verrebbe pubblicato neppure oggi.
5)Le recensioni di 2 recenti saggi, Il Drago e la Saetta e Gashapon Hunter.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 11:39]
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18/03/2009 00:33



TITOLO: shii Mamoru, le affinità sotto il guscio
AUTORE: Davide Tarò
CASA EDITRICE: Morpheo Edizioni
PAGINE: 234
COSTO: 144
ANNO: 2006
FORMATO: 22 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Raro nelle librerie di Milano

Questa non è una biografia sul regista, ma un saggio sulle sue opere e sul modo in cui esprime i suoi topoi. Vengono analizzate in particolare:
la serie di Lamù e i 2 film che diresse Oshii, “Lamù only you” e “Beautiful Dreamer”;
Angel's egg;
The red spectacles; (da quel che leggo un film da vedere)
Twilight Q 2: Labyrinth objects file 538;
Patlabor, prima serie di OAV e i primi 2 film;
Stray dog Kerberos panzer cops (film live); (anche questo da vedere)
Ghost in the shell;
Jin-Roh la brigata dei lupi;
Blood the last vampire;
Avalon; (pure questo pare meriti)
Ghost in the shell, Innocence.

Personalmente ho visto pochi film di Oshii Mamoru, oltre alla serie di Lamù (non i film) i 2 Ghost in the shell e Jin-Roh (stupendo, ve lo consiglio). Quindi non saprei valutare appieno il libro. A quanto pare ci sono dei temi e soggetti ricorrenti nei suoi film, il cane (selvatico), i gatti (come opposto dei cani), la trasformazione della donna, l'uovo, le lenti rosse. La terminologia talvolta è comprensibilmente cinematografica, quindi un pelino ostica per chi non ha conoscenze in merito. Libro consigliato ai fan di Oshii Mamoru.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 11:42]
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18/03/2009 23:12



TITOLO: Jiro Taniguchi, il gentiluomo dei manga
AUTORE: Andrea Attilio Grilli
CASA EDITRICE: Tunuè
PAGINE: 67
COSTO: 4,9 €
ANNO: 27
FORMATO: 15 cm X 10 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Premetto che non conosco l'autore in questione, quindi non saprei valutare questa monografia.
Attenzione al formato del libro, è minuscolo, come i caratteri.
L'autore, oltre a raccontare la carriera di Taniguchi, analizza scrupolosamente (pagine permettendo) alcuni dei sui manga. Mi pare di aver capito che questo mangaka non faccia dell'azione la sua caratteristica peculiare, disegna storie più tranquille ed introspettive. Comunque il libricino è scritto bene

Ecco i manga recensiti:
Ai tempi di Bocchan;
Il libro del vento;
Icaro;
Tokyo Killers;
Benkei a New York;
Al tempo di papà;
In una lontana città;
Un ciel radieux;
L'uomo che cammina;
Alevare un cane.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 11:46]
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18/03/2009 23:18

buahahhaaha fammi capire ste, tu leggi approfondimenti su autori che non hai mai letto? un po' come studiare antologia alle medie... facciamo così. Tu mi presti l'opuscolo, e io ti presto Al tempo di papà, Benkei a New York e In una lontana città. Conoscendoti so che ti piaceranno molto.

"Ti dò un consiglio per la prossima volta: fatti i cazzi tuoi"
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18/03/2009 23:23

Re:
Oxido, 18/03/2009 23.18:

buahahhaaha fammi capire ste, tu leggi approfondimenti su autori che non hai mai letto? un po' come studiare antologia alle medie... facciamo così. Tu mi presti l'opuscolo, e io ti presto Al tempo di papà, Benkei a New York e In una lontana città. Conoscendoti so che ti piaceranno molto.



[SM=x53144] Diciamo che ho capito che è un mangaka che mi piacerebbe leggere, ma (come sai) casa mia non è abbastanza grande per iniziare a collezionare manga. In prestito li leggerò con piacere [SM=x53091]




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22/03/2009 19:13



TITOLO: Candy Candy, “eravamo tutte innamorate di Terence...”, volume 5 della collana “I love anime”
AUTORE: Elena Romanello
CASA EDITRICE: Iacobelli
PAGINE: 124
COSTO: 14,5 €
ANNO: 2009
FORMATO: 21cm X 15cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Ecco il quinto volume della collana “I love anime”. Tante notizie, tante foto (forse troppo) sulla beniamina delle bambine degli anni 70/80.
Come per gli altri numeri ci sono molte informazioni interessanti (sui romanzi italiani, i gadget, le riviste, i dischi) e testimonianze simpatiche delle appassionate ex bambine.
Viene spiegata bene la bega tra la Igarashi e la Mizuki (le 2 autrici del manga) che ha portato alla scomparsa di Candy dal 1997 ad oggi. Kyoko Mizuki pubblicò in Corea del Sud un romanzo (e dei gadget) con il seguito di Candy, nel 1997 Yumiko Igarashi citò l'ex amica per non averle corrisposto i diritti su queste opere. Questo portò al blocco immediato di tutti i tipi di sfruttamento di Candy Candy. Nel 2002 ci fu una sentenza che stabilì che entrambe le autrici potevano sfruttare il personaggio di Candy anche indipendentemente una dall'altra, quindi dando ragione alla Mizuki. Yumiko Igarashi non la prese molto bene, e da allora continua a negare il permesso alla ripubblicazione del manga.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 11:59]
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04/04/2009 02:22



TITOLO: Il ritratto dell'Imperatore
AUTORE: Koji Taki
CASA EDITRICE: Medusa
PAGINE: 233
COSTO: 22 €
ANNO: 2005
FORMATO: 22 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Una lunga recensione, ma l'argomento necessita di qualche spiegazione.
Lo spirito di obbedienza dei giapponesi ha le sue radici nell'era Meji, obbedienza che durante la seconda guerra mondiale fece dei giapponesi dei soldati spietati e dopo la guerra dei lavoratori instancabili.
Solitamente è chiamata Restaurazione Meji, perché riportò al potere l'imperatore, spodestando lo Shogun nel 1869 ad opera dell'imperatore Mutsuhito, o meglio dei tecnocrati che crearono la Restaurazione Meji.
Questo saggio storico cerca di spiegare la genesi di questa obbedienza analizzando un fattore apparentemente secondario, il ritratto dell'Imperatore ovvero la Go-Shin-Ei (letteralmente “La sua vera immagine”). E cerca di far comprendere anche la venerazione verso la Go-Shin-Ei che è nata in quel periodo ma che si è prolungata fino alla fine della seconda guerra mondiale con Hirohito.

L'arrivo delle Navi Nere del commodoro statunitense Perry obbligarono il bakofu (governo dello shogun Tokugawa) ad aprire le frontiere che erano restate chiuse per 250 anni. Questo avvenimento diede il colpo finale allo shogunato. Alcuni politici illuminati (Toshimichi Okubo, Tomomi Iwakura, Hirobumi Ito) compresero il rischio che il Giappone fosse colonizzato dalle più avanzate nazioni occidentali. Per evitare ciò dovevano obbligare il paese (e il popolo in primis) a modernizzarsi velocemente, eliminando le vecchie tradizioni, come i samurai, per assorbire la tecnologia occidentale. Ma prima di questo dovevano dare un nuovo governo al paese, scelsero la figura dell'imperatore, che in quei 250 anni era rimasta sempre in disparte.

Il primo compito dell'imperatore Mutsuhito fu quello di unificare il paese (dopo aver sconfitto l'ultimo discendente dello shogun Tokugawa), creare un sentimento di nazione. Fino a quel momento gli imperatori rimanevano nella corte imperiale per tutta la vita, disinteressandosi del popolo, ed anche il popolo non aveva nessuna considerazione per l'imperatore, lo consideravano lontano dalla vita comune. La prima operazione che in tecnocrati decisero fu lo spostamento della capitale a Tokyo nel 1868, e per far ciò l'imperatore dovette farsi vedere dal popolo. Tutto il viaggio fu un modo per far capire ai giapponesi che stava iniziando una nuova era.

Vennero messe in atto una serie di disposizioni legislative per far si che il popolo iniziasse a venerare l'imperatore, in modo da creare il senso dello stato, e di conseguenza l'obbedienza totale. La nascita dello Shintoismo Nazionale fu una di queste tappe, la trasformazione dell'imperatore in un dio. In seguito Mutsuhito fece regolarmente dei viaggi in tutte le parti del Giappone, proprio allo scopo di farsi vedere materialmente dai suoi sudditi. Il confucianesimo diede una grande mano a chi voleva modellare all'obbedienza i giapponesi. Infatti una delle basi della morale confuciana è il rispetto e devozione versi i genitori, quindi anche verso i superiori, ergo verso l'imperatore.

A questo punto diventava importante anche la figura (intesa come immagine, foto, dipinto) dell'imperatore. Il governo cercava un modo per rendere più capillare la venerazione (e il timore) verso l'imperatore. Era vietato fotografare l'imperatore, ed anche commercializzare la sua immagine. In quel periodo era anche necessario far conoscere ai governanti delle altre nazioni il nuovo Giappone (che si stava modernizzando a tappe forzate, non più un paese feudatario, ma una nazione) e quindi il suo giovane imperatore. Si decise perciò di fare una prima foto ufficiale all'imperatore (che nel frattempo, in nome della modernità, aveva dismesso gli abiti tradizionali in favore di quelli occidentali) da distribuire ai diplomatici stranieri.
Passarono alcuni anni (15), quella prima foto era ormai troppo datata, troppo giovane l'immagine di Mutsuhito rispetto all'uomo che era diventato, ma l'imperatore non gradiva essere fotografato. Venne perciò assunto l'italiano Edoardo Chiossone (che ai tempi lavorava già in Giappone presso la zecca dello stato), esperto in ritratti in acquaforte, incisione e litografia, per fare un disegno dell'imperatore. Ma il ritratto doveva essere fatto senza che l'imperatore se ne accorgesse. Chiassone osservò di nascosto Mutsuhito durante un impegno ufficiale, e fece alcuni schizzi. Dopo aver disegnato il ritratto dell'imperatore questo disegno fu fotografato.

Fu questa la prima Go-shin-ei, che poco dopo venne distribuita in tutte le scuole (quindi ai giovani e alle loro famiglie) del Giappone per essere venerata ed onorata con tanto di riti obbligatori. Questa immagine (la foto di una litografia) era come se fosse l'imperatore in carne ed ossa, non c'era nessuna differenza per i Giapponesi. Grazie a questa foto (ed ovviamente non solo) venne inculcata nel popolo la cieca ed assoluta obbedienza verso l'imperatore.

Concludendo, questo saggio permette di fare un tuffo nell'era Meji e comprendere quali furono i meccanismi ed i motivi che spinsero i governanti dell'epoca a creare una società tanto opprimente, che però gli oppressi non consideravano tale, dato che erano onorati di servire (e morire) per l'imperatore. Veramente un bel libro pieno di tante curiosità ed analisi, forse ancora oggi validi.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 12:01]
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04/04/2009 02:57

Re:
La Visione, 04/04/2009 2.22:

i motivi che spinsero i governanti dell'epoca a creare una società tanto opprimente, che però gli oppressi non consideravano tale, dato che erano onorati di servire (e morire) per l'imperatore.


mi ricorda qualcosa...
i motivi che spinsero i governanti del momento a creare una società tanto opprimente, che però gli oppressi non consideravano tale, dato che erano contenti di vivere (e morire) guardando la televisione.



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19/04/2009 13:31



TITOLO: Non voglio più vivere alla luce del sole, il disgusto per il mondo esterno di una nuova generazione perduta
AUTORE: Michael Zielenziger
CASA EDITRICE: Ellint
PAGINE: 397
COSTO: 22 €
ANNO: 2008
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

(sto diventando un poco prolisso... [SM=x53150] )

L'autore (che pare essere stato il primo ad informare gli occidentali del fenomeno Hikikomori) non è uno psichiatra o psicologo, ma un esperto di rapporti economici tra oriente e occidente. Quindi il taglio del saggio non è psicologico, ma giornalistico. Tanto che dopo una prima parte dove vengono narrate le vicende di persone che stanno facendo Hikikomori (o che sono Hikikomori), il libro lascia spazio ad una analisi (molto approfondita, ma comprensibilissima) socio-economia del Giappone. Il saggio è pieno di spunti ed informazioni interessanti, inoltre è abbastanza recente, quindi si ha uno spaccato non datato della società giapponese. In tutto il libro Zielenzinger è molto duro col Giappone e coi giapponesi.
Sono numerosi i vissuti di ragazzi/uomini Hikikomori, per esempio Kenji. Quando in quinta elementare viene “congelato” (mushi) dai compagni, cioè essi fingono che non esista, abbandona la scuola per qualche tempo (futoko, rifiuto della scuola). Rientra in prima media, ma abbandona dopo poco divenendo per 20 anni Hikikomori. In questo caso, come per quasi tutti, è stato un atto di bullismo (ijime) a far diventare Hikikomori Kenji. Il bullismo è imperante i tutti i gradi della scuola giapponese (ma anche sul lavoro e pure in parlamento!). I docenti non si intromettono nelle dinamiche della classe, chi non si uniforma (vale per tutta la società giapponese, verso persone di qualsiasi età) viene emarginato e spinto a farsi da parte (Hikikomori, espatrio lavorativo o suicidio che sia). Questa sacralità del gruppo spinge le madri dei ragazzi/e vittime del bullismo a dire loro:
“Che cosa hai combinato a scuola per essere maltrattato?”.
Ed è difficile per i ragazzi stessi combattere il bullismo, perché questi non fanno altro che ripetere tattiche che vedono adottare normalmente agli adulti. Il dogma nazionale giapponese sulla loro unicità (rispetto alle altre nazioni) ed uniformità (nella società) rende più accettabile punire con ijime (bullismo) chi non si adatta, perché questi “devianti” minacciano il “wa” (l'armonia).
Un'altra causa di Hikimori tra i giovani è lo stress da studio. Hiro a 6 anni (!) viene bocciato all'esame per l'ammissione ad una prestigiosa scuola elementare (se frequenti una buona scuola elementare, che ti porterà ad una scuola media d'eccellenza, che ti farà fare una scuola superiore prestigiosa che ti aprirà le porte dell'università più importante, allora troverai subito un lavoro...), i corsi iniziavano alle 16 e terminavano alle 22! Il fallimento lo porta alla depressione (a 6 anni) e poi a fare Hikikomori.
Per quanto possa sembrare assurdo (rispetto all'Italia) in Giappone non c'è l'obbligo di andare a scuola. I presidi, insieme agli insegnanti, preferiscono fingere che gli abbandoni non ci siano, perché questo li farebbe vergognare di non aver adempiuto al loro compito di docenti. Nel 2002 si stimavano 410.000 famiglie coinvolte nell'Hikikomori!
I genitori si vergognano della situazione e non intervengono, inoltre la rassegnazione giapponese che nasce dal “shikata ga nai” (non c'è niente da fare) impedisce una reazione pronta, di solito passano anni prima che la madre chieda un qualche supporto esterno..
Gli Hikikomori non tollerano il “sekentei” (chiamato anche “il sistema di regole invisibili”), ovvero il modo in cui una persona è vista agli occhi della società, o anche il bisogno di salvare le apparenze. Perciò non conta quello che sei, ma quello che devi far finta di essere per non incrinare l'uniformità della società giapponese. A proposito di ciò Jun dice: “A me sembra che il mondo là fuori sia piuttosto duro e io non ho il fegato per affrontarlo”.
Gli Hikikomori rinnegano questo sistema fatto di pressione, obblighi e reciproco sacrificio, a cui manca la tolleranza e la compassione. Come estrema protesta e difesa si rinchiudono nella propria stanza.

Ci sono altre facce del malessere sociale giapponese.
Altri al posto di rinchiudersi si lanciano nel consumismo più sfrenato. Aspettandosi di ricevere dagli oggetti di marca il relativo status che essi rappresentano. Se la società non ti garantirà più l'impiego a vita perché fare sacrifici? Tanto vale essere gratificati subito, e più si sentono insicuri più acquistano beni. Qui si inseriscono gli otaku, (stimati in 3 milioni muovono un giro d'affari di 26 miliardi di dollari) con il loro feticismo per gli anime e manga e la cultura kawaii dell'abbigliamento di ragazze/donne giapponesi. Tanto che le ragazzine, per potersi permettere gli abiti e gli oggetti firmati praticano l'enjo kosai (gli appuntamenti a pagamento con adulti).
Esistono poi le “parasaito” (da parassitismo), donne single che vivono coi genitori e spendono tutto lo stipendio in viaggi e beni firmati. Le donne “parasaito” di solito sono quelle che mettono in pratica lo “sciopero dell'utero”, termine che in Giappone indica le donne in carriera che non fanno figli per continuare a lavorare. E come dare loro torto? Per mettere al mondo un figlio sono obbligate a lasciare il lavoro, perché i mariti giapponesi non si occupano della famiglia (visti gli orari che fanno), e se comunque vorranno tornare a lavoro dopo la maternità per loro ci saranno solo ed esclusivamente posti part-time, ovviamente pagati la metà di quello che percepivano prima della maternità. Inoltre se il marito è un primogenito dovranno farsi carico dei suoi genitori.
Per questo la natalità giapponese è tra le più basse al mondo, anche perché le donne giapponesi piuttosto che crescere un bambino fuori del matrimonio preferiscono abortire. Essere madri senza marito è considerata tra le cose di cui più ci si deve vergognare. Per esempio la pillola anticoncezionale viene usata solo dal 5% delle donne, perché i medici dicono loro che prendere i contraccettivi orali è innaturale e potenzialmente dannoso. Mentre sull'aborto non esisto tabù, inoltre le cliniche avranno maggiori rimborsi dalla sanità pubblica con l'aborto rispetto alla pillola...

I suicidi sono un'altra prova che qualcosa non funziona nella società giapponese.
Nel solo 2003 ci sono stati 34427 suicidi, i giapponesi, mancando di una religione monoteista, non considerano un “peccato” il suicidio. Oltre ai “classici” motivi per il suicidio, come scusarsi di un errore per riottenere l'onore perso o sacrificarsi per il gruppo/nazione/Imperatore, c'è ormai la volontà di “uscire di scena”, togliere il disturbo. Di questo sono vittime gli studenti (che si sentono falliti per non aver passato gli esami), gli anziani (che non vogliono più pesare economicamente sui figli) e anche gli uomini adulti con famiglia. La società pretende dai “sararimen” (impiegati) di non lamentarsi mai, non a lavoro e non a casa. Molti cadono in depressione, e non abituati a chiedere aiuto si suicidano. Anche perché la depressione (utsubyo) non è praticamente diagnosticata come malattia, ed è considerato vergognoso ammettere di essere depressi.

Infine c'è la piaga dell'alcolismo, sui cui non esistono neppure dati, visto che l Ministero della Sanità non la considera una problematica degna di essere contrastata. Ed è difficile combattere l'alcolismo in una società che proprio e solo davanti agli alcolici si sbottona e perde formalità. Oltre a considerare che le bevute dopo il lavoro fanno parte integrante delle abitudini lavorative dei giapponesi. C'è l'obbligo di bere, altrimenti il capoufficio si risentirà, bere fino a star male, altrimenti niente carriera. A causa di un deficit genetico al 40% dei giapponesi manca un enzima che li porta immediatamente all'ubriacatura e poi a star male. E' stata coniata anche una parola per questo, “akuro-hara”, che indica il dipendente che è costretto a bere alcolici fino a star male.

Come si vede i temi toccati dal saggio sono tanti ed accennarli tutti non è possibili, specialmente quelli economici, che sono altrettanti (ed interessanti) di quelli sociali.
Szielenzinger analizza la società economica giapponese, per capire i motivi di questa decadenza sociale-economica nata dopo lo scoppio della bolla speculativa del 1991, da cui il Giappone non si è più ripreso. Decadenza che ha portato anche agli Hikikomori. Facendo anche un parallelismo tra il Giappone e la Corea del sud (paesi con usanze simili), che invece ha saputo riformare la società per riprendersi.
Ecco alcuni delle cause che deprimono l'economia giapponese:
-banche indebitate che hanno azioni di società indebitate
-aziende indebitate che hanno azioni di banche indebitate
-economia basata sulle esportazioni, mercato interno quasi nullo
-prezzi dei beni alti per coprire le inefficienze della catena produttiva interna
-difficile individuazione delle responsabilità aziendali e burocratiche
-spese per costruzioni pubbliche (strade, parcheggi, ponti) inutili per mantenere alti i livelli occupazionali nel settore delle costruzioni
-uffici pubblici inefficienti
-sovvenzioni statali a pioggia che creano parassitismo
-il servilismo dei mass media che impedisce la denuncia degli sprechi e della corruzione
-una magistratura con personale esiguo (che quindi non può agire celermente)
-la società civile non esiste, non ci sono mai proteste o scioperi
-debito pubblico al 160% del PIL
[Modificato da La Visione 25/10/2009 12:03]
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23/04/2009 20:16

Direi che è un libro molto di parte...evidenzia solo gli aspetti negativi e tralascia quelli positivi: come in ogni società che esiste al mondo.

Io non credo vivrei e lavorerei mai in Giappone, è una cultura diversa in cui è difficile integrarsi per noi occidentali.

Tuttavia certi aspetti li apprezzo e farebbero un gran bene alla nostra società, tipo:

-all'università o studi e fai gli esami oppure ti sbattono fuori...non come qui che uno sta iscritto 10 e passa anni a "parassitare" con le scuse più diverse ( la crisi esistenziale, il prof cattivo che ce l'ha con lui, l'esame "impossibile"). Se uno non ha voglia di studiare o non ci arriva intellettualmente, meglio che vada a lavorare;

- I ragazzi di oggi sono "deboli ed incapaci" perché qualsiasi cosa non vada per il verso giusto non è mai colpa loro ma di qualcun altro...la scusa della società è sempre pronta...manteniamoli a vita...sinceramente mi girano quando sento qualcuno dire "sto a casa e prendo la disoccupazione senza far niente piuttosto che andare a lavorare e faticare per prendere un 30% in più".

- in Giappone nei negozi, esercizi pubblici ed uffici sei servito e riverito non come in Italia che un altro po' e ti sputano in faccia.

- In Giappone è mooooooooolto più facile (per un giapponese of course) trovare un lavoro non qualificato tipo impiegato generico perché si investe sul personale non come qui che si "spidocchia" il più possibile perché il costo dei dipendenti è diventato insostenibile ringraziando le politiche sociali ASSISTENZILISTE degli ultimi 50 anni...
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23/04/2009 20:37

credo che mi sia passata la voglia di andare a vivere in giappolandia ... [SM=x53089]



Il sonno della ragione genera mostri....... In cima ad ogni vetta si è sull'orlo dell'abisso....... La poesia è come un'idea non cerca verità, la crea.......
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Re:
DottorZero, 23/04/2009 20.16:

Direi che è un libro molto di parte...evidenzia solo gli aspetti negativi e tralascia quelli positivi: come in ogni società che esiste al mondo.

Io non credo vivrei e lavorerei mai in Giappone, è una cultura diversa in cui è difficile integrarsi per noi occidentali.

Tuttavia certi aspetti li apprezzo e farebbero un gran bene alla nostra società, tipo:

-all'università o studi e fai gli esami oppure ti sbattono fuori...non come qui che uno sta iscritto 10 e passa anni a "parassitare" con le scuse più diverse ( la crisi esistenziale, il prof cattivo che ce l'ha con lui, l'esame "impossibile"). Se uno non ha voglia di studiare o non ci arriva intellettualmente, meglio che vada a lavorare;

- I ragazzi di oggi sono "deboli ed incapaci" perché qualsiasi cosa non vada per il verso giusto non è mai colpa loro ma di qualcun altro...la scusa della società è sempre pronta...manteniamoli a vita...sinceramente mi girano quando sento qualcuno dire "sto a casa e prendo la disoccupazione senza far niente piuttosto che andare a lavorare e faticare per prendere un 30% in più".

- in Giappone nei negozi, esercizi pubblici ed uffici sei servito e riverito non come in Italia che un altro po' e ti sputano in faccia.

- In Giappone è mooooooooolto più facile (per un giapponese of course) trovare un lavoro non qualificato tipo impiegato generico perché si investe sul personale non come qui che si "spidocchia" il più possibile perché il costo dei dipendenti è diventato insostenibile ringraziando le politiche sociali ASSISTENZILISTE degli ultimi 50 anni...



Senza voler iniziare una polemica sul Giappone con te (altrimenti finisce che riempiamo 100 pagine [SM=x53091] ) mi limiterei a dire che gli Hikikomori esistono solo in Giappone, da noi un minorenne che non si reca più a scuola viene contattato dai servzi sociali, lì se ne sbattono, sei già out a 6 anni.
La scuola itailiana ha una marea di difetti, però i bambini/ragazzi con problemi, anche di handicap fisico grave, ha sempre cercato di farli stare in classe coi coetenai, lì no.
In Giappone le donne avvocato mi sa che sono pochine, di certo meno che in Italia. Secondo me nel totale è una società molto costrittiva, mi limito, anche se poi mi affascina.
Poi per un italiano pensare ad una fila ordinata alla posta o in ufficio pubblico come in Giappone è un sogno [SM=x53144]


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25/04/2009 00:23



TITOLO: Capitan Harlock, avventure ai confini dell'universo, volume 6 della collana “I love anime”
AUTORE: Elena Romanello
CASA EDITRICE: Iacobelli
PAGINE: 124
COSTO: 14,5 €
ANNO: 2009
FORMATO: 21cm X 15cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Direi (ma è ovviamente soggettivo) che questa è la monografia meno riuscita di questa collana della casa editrice Iacobelli. Vengono spiegate tutte le serie di Leiji Matsumoto, dallla Corazzata spaziale Yamato a Starzinger, puntando l'obbiettivo su tutte le serie, specialmente animate, di Capitan Harlock. Ci sono schede sui personaggi della prima serie del 1978, e molto spazio è dedicato a Raflesie e le sue Mazoniane. Accenni sui vecchi e nuovi gadget e giocattoli di Harlock, e sulle figure femminile disegnate da Leiji matsumoto. Come al solito, per quanto mi riguarda, ci sono troppe foto e la grafica rende difficile la lettura.
[Modificato da La Visione 25/10/2009 12:05]
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25/04/2009 00:24



TITOLO: Goldrake, il primo robot non si scorda mai, volume 7 della collana “I love anime”
AUTORE: Alessandro Montosi
CASA EDITRICE: Iacobelli
PAGINE: 124
COSTO: 14,5 €
ANNO: 2009
FORMATO: 21cm X 15cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Questo, a differenza del capitolo su Harlock, mi sembra il volume meglio riuscito. Nonostante su Goldrake si sappia molto, e ci sono anche libri solo su questo personaggio, il libro riesce a fare una buona summa ed a inserire anche qualche notizia nuova, almeno per me. Tipo che l'anime fu messo in piedi in soli 2 mesi, da qui alcune incongruenze nelle prime puntate, per esempio Goldrake che esce dalla parte posteriore dello Spacer, invece che che dal davanti. Oltre ad un riassunto veloce, ma esauriente, dei momenti più importanti della serie viene spiegata la trama del film pilota pre-Goldrake, “La grande battaglia dei dischi volanti”. Molte pagine sono dedicate al manga di Goldrake, prima quello di Nagai e poi quello di Ota. Informazioni sui character designer Kazuo Komatsubara e della coppia Araki/Himeno. Le testimonianze degli appassionati le ho trovate molto belle e congruenti con i miei ricordi. Inoltre ci sono le trame delle puntate mai trasmesse ed il racconto che gli ascolti in Giappone scesero con la puntata 42 (trasmessa il 18/07/1976...sigh...) , per rimediare a ciò si ipotizzò di affidare a Banta la guida della Trivella Spaziale, ma Shingo Araki pensò di far intervenire Maria, come nel manga. Non possono mancare le polemiche che Goldrake suscitò nei giornalisti (con qualche eccezione ben riportata) e le lamentele dei genitori (mia madre e mia nonna assolutamente no, anzi a loro due Goldrake piaceva! Mio padre un pelino più critico, più che altro spinto dalle polemiche dei programmi televisivi).
[Modificato da La Visione 25/10/2009 12:08]
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25/04/2009 01:23

Re: Re:
La Visione, 25/04/2009 0.22:



Senza voler iniziare una polemica sul Giappone con te (altrimenti finisce che riempiamo 100 pagine [SM=x53091] ) mi limiterei a dire che gli Hikikomori esistono solo in Giappone, da noi un minorenne che non si reca più a scuola viene contattato dai servzi sociali, lì se ne sbattono, sei già out a 6 anni.



Si, il risultato è che diamo un titolo di studi anche a chi non se lo guadagna che di conseguenza perde di valore e chi se lo è guadagnato se la prende in quel posto...ma se uno non ha voglia di studiare e non ci arriva perché non può essere bocciato?

Cmq anche qui esistono i "disadattati che fuggono dalla società" come lo chiamo uno che a 30 anni e passa si fa ancora mantenere dai genitori e non ha la ben che minma preoccupazione di trovarsi un lavoro degno di questo nome perché sono "tutti cattivi e non capiscono la sua fragile sensibilità"?

La Visione, 25/04/2009 0.22:


La scuola itailiana ha una marea di difetti, però i bambini/ragazzi con problemi, anche di handicap fisico grave, ha sempre cercato di farli stare in classe coi coetenai, lì no.



Si e la cosa io non l'ho mai capita: il classico buonismo che detesto. Siamo realisti queste persone non potranno mai avere una vita normale e avere una vita autonoma...alle volte non arrivano neppure ai 40 anni.E' brutto ma non potranno mai vivere una vita decente...che senso ha metterli in una micro società in cui non hanno la capacità di relazionarsi neppure a livello basileare? Senza offesa ma mettere bambini con handicap gravi in una classe normale è come metterci il mio cane perché hanno le capacità "intellettive": è privo di qualsiasi buon senso.



La Visione, 25/04/2009 0.22:



In Giappone le donne avvocato mi sa che sono pochine, di certo meno che in Italia. Secondo me nel totale è una società molto costrittiva, mi limito, anche se poi mi affascina.
[SM=x53144]





Beh veramente lì sono pochi gli avvocati e basta, però di donne mangaka ce ne sono parecchie e molte piuttosto famose quanto e più dei loro colleghi maschi: direi che non c'è una gran disparità percentuale e ce ne erano già negli anni 60. Quante donne fumettiste affermate ci sono in Italia o in America come i loro colleghi maschi? Quante ce ne erano negli anni 60? Ti ricordo che una decina di anni fa in Giappone il terzo contribuente fiscale era una famosa mangaka...


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25/04/2009 02:02

'mazza, ma è gia uscito il vol. di Goldrake? Devo prenderlo!
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29/04/2009 13:02

Ciao da Marco! -- Su "Mazinga Nostalgia"
Ciao a tutti,

innanzitutto complimenti per la "jappobiblioteca", mi segnala alcuni libri che non conoscevo (ma chissà quando avrò il tempo di recuperarli!).

Scusate l'invasione, comunque. Fate conto sia un mostro di Vega.

Volevo rapidamente chiarire sulla terza edizione di "Mazinga Nostalgia" che da esso ho eliminato uno o due paragrafi che ho sviluppato e aggiornato per "Il Drago e la Saetta", e ho tolto alcune frasi invero offensive presenti nelle edizioni precedenti (tipo "ma la peggiore idiozia scritta dalla Slepoj..."), correggendo con frasi analoghe nel senso - a buon intenditor... - ma diciamo più diplomatiche.
Quindi la militanza di "Mazinga Nostalgia" rimane invariata, quello che cambia è una maggiore pacatezza nei toni...
In sostanza il libro secondo me è migliore così, non toglie efficacia ma secondo me la aggiunge, perché per esempio ho tolto alcuni (sottolineo: alcuni, non tutti) miei commenti negativi a delle frasi di giornalisti che sparlavano degli anime; i miei commenti risultavano ridondanti perché è ovvio, OGGI, che quei giornalisti parlavano senza avere idea del tema di cui pretendevano informarci; spesso "far parlare i fatti" è molto più efficace che commentarli, mette alla berlina in modo più sottile le fesserie scritte su anime e manga.
Poi la premessa alla terza edizione l'ho scritta col cuore per svelare alcuni retroscena, secondo me è divertente.

Quanto alle immagini in numero inferiore, è una scelta dell'editore (mi sono spaccato, anzi, per limitare l'esclusione di molte immagini e per farle impaginare con una parvenza d'ordine; preferivo di gran lunga l'impaginazione delle due edizioni precedenti... eh eh le avevo fatte io!!!).

Da lettore, posso dire spassionatamente: se avete la prima edizione, non compratevi le altre due, ovviamente! Anche se nella terza molti refusi sono stati eliminati e l'indice dei nomi è più accurato.

Da autore, vi dico: mannaggia, compratevi piuttosto "Il Drago e la Saetta"! Che è stato prontamente qui recensito e che mi sono veramente ammazzato per scrivere. A parte la scrittura, quello che mi ha tolto anni di salute è la ricerca bibliografica su fonti internazionali e la revisione.
Certo alcune parti più tecniche-sociologiche possono lasciar freddino il fan che è in tutti noi (me incluso ovviamente) ma ho scelto di parlare a un pubblico anche accademico per provare a insinuare in esso il dubbio che forse val la pena di rivalutare (o semplicemente valutare, tanto per iniziare) questi argomenti.

Salutoni!
[SM=x53104]

Marco (Pellitteri)
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29/04/2009 13:13

Ciao Marco!!!
Voglio farti i miei complimenti per tutto quello che hai fatto (anche se ho letto solo Mazinga Nostalgia :P ) e per il tuo angolo J-Pop su Radioanimati!! Grandissimo! ti stimo molto!
Lontano dall'Impero? MAI.
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Post: 8
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Sesso: Maschile
29/04/2009 13:41

Wakaday chiama DJufo
Ti ringrazio!
Stima reciproca. Cercherò di stare "tuned" sul forum, anche se non sono più un analogico che un digitale...
A presto!
Marco
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Post: 39.978
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AMMINISTRATORDI
29/04/2009 14:18

Ok, ti aspettiamo!
Lontano dall'Impero? MAI.
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