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OSAMU TEZUKA - Breve panoramica sul Dio dei manga

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2005 15:43
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19/10/2005 12:08



Tezuka Osamu nasce a Toyonaka (Osaka) il 3 novembre 1928. Trascorre gran parte della sua giovinezza nella cittadina di Takarazuka (dove dal 1994 ha sede il museo a lui dedicato), scoprendo giovanissimo, e incoraggiato dai genitori, la passione per il disegno.
Terminate le scuole, si iscrive nel 1946 alla Facoltà di Medicina dell’Università di Osaka –si laurerà nel 1952 prendendo la specializzazione nel 1961, senza però esercitare mai la professione di medico– proprio mentre, diciottenne, esordisce nel campo del fumetto con la pubblicazione della serie Ma-chan no Nikki (Il diario di Ma-chan). È però l’anno successivo che Shin Takarajima (La nuova isola del tesoro) lo impone all’attenzione del pubblico, soprattutto per un innovativo utilizzo dell’inquadratura, in grado di imprimere maggiore dinamicità ai disegni, in antitesi con la staticità dei manga (fumetti) di allora.
Segue una trilogia dedicata alla SF classica: Lost Word (1948) Metropolis (1949) e Next Word (1951) arrivano a vendere più di 400.000 copie ciascuno. Nel 1950 intanto crea per il mensile "Manga Shonen " Kimba, il leone bianco (Jungle Taitei), che anticiperà le tematiche del Re leone disneyano.
Nel 1951 è la volta del suo personaggio più noto, Astroboy (Tetsuwan Atom).
Nel 1954 su "Shojo Club" vede la luce La Principessa Zaffiro (Ribbon no kishi), considerato da alcuni il primo shojo manga (fumetto per ragazze), a cui darà un seguito nel 1959 e che verrà completamente rivisto per una nuova pubblicazione nel 1963.
Sempre nel 1954 inizia la pubblicazione –che porterà a termine solo nel 1988– del suo lavoro più ambizioso –quello che definì «l’opera della vita», La Fenice (Hi no Tori ), un imponente affresco della storia dell’umanità e della vana ricerca della vita eterna, simboleggiata dalla Fenice. Alla professione di mangaka (autore di fumetti), affianca presto quella di animatore –"il fumetto è la vera moglie, l’animazione l’amante" amava ripetere.
Nel 1958 lavora per la Toei Doga al lungometraggio animato Saijuki.
Nel giugno del 1961 fonda una propria casa di produzione di film d’animazione, la Tezuka Osamu Production, che dal 1963 diviene la Mushi Productions ("mushi", che significa insetto, è l’omaggio di Tezuka a uno delle sue passioni, ritroveremo lo stesso ideogramma anche nella firma dell’autore).
Nel 1963 la serie animata Astroboy è tra le primissime serie animate della TV giapponese mentre nel 1965 Kimba, il leone bianco (Jungle Taitei) detiene il primato di prima serie animata giapponese a colori. Curiose risultano poi la serie Space Patrol con pupazzi animati simili nella fisionomia alle marionette dei coniugi Anderson, trasmessa tra il 1963 e il 1965, e Vampire (1968 / 1969), serie mista con disegni animati e attori, tratta da un suo manga di successo.
Oltre alla produzione di animazione commerciale lavora a quella più sperimentale, con l’utilizzo di tecniche non tradizionali. Tra questi esperimenti citiamo Tales of the Street Corner (1962); Memory (1964); Pictures at an Exhibition (1966); Jumping (1984), con cui vince il Grand Prix allo Zagreb International Animation Festival nel 1984; Broken Down Film (1985), Grand Prix al primo Hiroshima International Animation Festival ; Push (1987) e Legend of the Forest (1987), che vince il Premio CIFEJ allo Zagreb International Animation Festival.
La Mushi fallisce nel 1973 ma Tezuka l’ha ormai abbandonata per dedicarsi alla nuova Tezuka Pro., fondata a Tokyo già nel 1971. Il 14 giugno 1969 esce nelle sale Le mille e una notte, seguito dal lungometraggio Cleopatra (distribuito il 15 settembre 1970): si tratta di film erotici a disegni animati, caratterizzati da una grafica sperimentale, fortemente influenzata dalla cultura pop.
La serratissima produzione di fumetti continua intanto con Budda, serializzato tra il 1972 e il 1983, una versione avventurosa della vita di Siddarta Gautama. Nel 1973 incomincia a disegnare Black Jack, una lunga serie (più di 5000 tavole) che ha per protagonista un abilissimo medico radiato dall’albo, all’apparenza cinico e venale ma in realtà una figura tragica, perseguitata dal destino a causa della propria superbia.
L’opera simbolo degli anni Ottanta è senza dubbio La storia dei tre Adolf (Adolf ni tsugu), uno splendido inno alla tolleranza, pubblicata tra il 1983 e il 1985 sulla rivista "Shukan bunshun " e premiata con il Kodansha Manga award nel 1986. Tezuka muore il 9 febbraio 1989, all’età di 61 anni, praticamente al tavolo da disegno, lasciando incompiute le serie Ludwig B. (1987) e Neo Faust (1988).
Poco prima di della sua morte, alcuni importanti quotidiani nazionali si sono fatti promotori di una campagna a favore dell’assegnazione a Tezuka del premio Nobel per la Letteratura.

...continua con la presentazione delle sue opere pubblicate in Italia...

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19/10/2005 13:23

KIMBA IL LEONE BIANCO


Titolo originale: Jungle Taitei
Data di prima pubblicazione originale: 1950
Edito in Italia da Comic Art, 3 volumi brossurati, e Hazard Edizioni, 3 volumi brossurati e rilegati a filo con sovracoperta

Pubblicato per la prima volta su «Manga Shonen» tra il 1950 e il 1954, e apparso in versione animata nel 1965, Kimba (Jungle Taitei, “Imperatore della giungla”), è il romanzo della vita di un leone bianco il cui padre è stato ucciso da cacciatori ottusi e senza scrupoli, e che ancora cucciolo vieneinvestito della carica di Imperatore dii una gingla minacciata dalla colonizzazione umana.
Kimba è forse l’opera di Tezuka più nota e più imitata, ma rimane inimitabile per la sensibilità ecologista con cui condanna la pretesa di dominio dell’uomo sulla natura.


Nella foresta nera il leone Pandja vive come un re dallo stile molto particolare, proteggendo gli animali liberi dai predatori umani ed uccidendo senza pietà gli animali che scelgono la strada della convivenza o della sottomissione all’uomo, arrivando addirittura a distruggere completamente gli allevamenti nei villaggi circostanti alla foresta.
Per liberarsi di questa seccatura, gli indigeni richiedono l’aiuto dei cacciatori bianchi, dotati di armi da fuoco che, dopo numerosi fallimenti, decidono di condurre il possente leone in trappola usando come esca la sua compagna, uccidendolo e riuscendo così a porre fine al suo glorioso regno.
Fatta la felicità degli africani, i cacciatori tornano gloriosi in Europa portando con loro la giovane leonessa, che nel viaggio darà alla luce il figlio di Pandja, e delle particolarissime pietre preziose, che saranno alla base del ritorno del leoncino alla sua terra d’origine.
Dopo una serie di avventure Kimba, questo è il nome del piccolo leone completamente bianco, si troverà a vivere fianco a fianco degli uomini senza provare alcun risentimento per i fatti accaduti al padre. Al contrario, egli cercherà di imparare a sfruttare al meglio le conoscenze degli uomini e la loro lingua (arrivando a vestire quasi come una persona ed a imitarne i comportamenti), propensione che in seguito sarà motivo di tormento e di disperazione.
Infatti, come già accennato, Kimba farà ritorno in Africa dove verrà riconosciuto come nuovo re della foresta. A differenza del predecessore, il compito sarà per lui difficilissimo, in quanto si troverà a convivere con la legge del più forte, contraria a tutto ciò che ha imparato dagli uomini, e si vedrà costretto a rinunciare almeno in parte alla sua natura di leone umanizzato per vivere nella giungla e proteggere gli altri animali suoi sudditi.

Kimba è fondamentalmente un manga per bambini, in cui un leone “bambino” vive mille divertenti avventure, accompagnato da tanti amici, in cui cresce ed impara ad affrontare la vita.
Il disegno è rotondeggiante e divertente, visto il target e la base stilistica di Tezuka (che ha sempre dichiarato di aver scelto il metodo di caratterizzazione grafica dei suoi personaggi guardando Bambi), con vignette piccole e personaggi caricaturali. La narrazione è veloce e l’autore si prende molte concessioni narrative per rendere ancor più accattivante il racconto.
Nonostante quel che potrebbe sembrare da una lettura della trama, Kimba non è un comune manga per ragazzi, risultando in certi suoi passaggi molto profondo e piuttosto duro; basti vedere, ad esempio, la caratterizzazione di Pandja, che si proclama re degli animali ma che non si fa scrupolo a portare alla morte i traditori che scelgono di sottostare all’uomo.
La morte è una costante in questa serie, sia che si tratti di animali che di uomini, e sebbene dal punto di vista grafico venga spesso nascosta ed edulcorata, a livello narrativo è esplicita e chiara. Difficile capire, ad oltre 50 anni dall’effettiva realizzazione, se questa scelta dipenda dalla diversa attenzione che si rivolgeva all’infanzia in quel periodo o ad un diverso modo di intendere il fumetto.
Altro aspetto significativo nella serie è quello della caratterizzazione generica dei due regni illustratici dall’autore, quello umano e quello animale, con una critica al primo ed un elogio al secondo. Difatti, mentre gli uomini sono rappresentati come violenti ed approfittatori, gli animali, nonostante il condizionamento ambientale, sanno essere più disponibili e solidali tra loro, e riescono ad apprendere in modo impossibile all’uomo.

In definitiva Kimba è una godibile storia di formazione per ragazzi, che riserva tuttavia molte sorprese a chi saprà leggerla con un pizzico di approfondimento in più, senza fermarsi alla patina inziale.

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21/10/2005 15:43

LA PRINCIPESSA ZAFFIRO




Titolo originale: Ribbon no kishi
Data di prima pubblicazione originale: 1963
Edito in Italia da Hazard Edizioni, 3 volumi


Questo manga viene considerato il capostipite del genere shojo (è incredibile come Tezuka sia considerato il padre del fumetto, del fumetto per ragazze e dell’animazione giapponese..).
Certo che, visto il periodo di realizzazione, non va considerato come un fumetto per ragazze standard.

La vicenda comincia quando la povera principessa Zaffiro, alla morte del padre, si vede costretta a fingersi maschio per impedire al perfido zio di salire al trono e continua con le sue peripezie per fare in modo che la sua vita torni quella che era un tempo.
Il manga, seppur breve come quantità di pagine, è molto denso di avvenimenti e di personaggi e risulta quindi di interessante lettura. La trama è soggetta spesso e volentieri a forti cambi di direzione (la parte in cui si finge principe per impedire l'ascesa al potere dello zio dura solamente metà del primo volume) che alla lunga cominciano a stancare (comunque solo ad ultimo volume inoltrato si prova questa sensazione). Si può dire, senza cattiveria, che l'autore ha voluto mettere un po' troppa carne al fuoco.
Il disegno è preciso ed accurato e sembra persino più elegante di quello dei dei manga successivi.

Tra l'altro l'autore ha realizzato più versioni dello stesso, alcune totalmente diverse (per il circuito radiofonico!!!) ed altre molto simili tra di loro; ne esiste persino una versione totalmente a colori.

L'adattamento è stato complicato e riuscito solo per metà. La versione Giapponese giocava sul sesso di Zaffiro sfruttando le proprietà della sua lingua. Difatti in Giappone chi si rivolge ad altri non usa alcuna particella che faccia capire di chi è il sesso dell'interlocutore ma rende ben chiaro, dovendo usare precisi vocaboli, qual è il proprio sesso. Per questo motivo a Zaffiro bastava usare i termini maschili per sembrare un maschio.

Dal sito Hazard:

Un altro capolavoro del grande Osamu Tezuka, La Principessa Zaffiro (Ribon no Kishi), amatissimo qui in Italia grazie all'omonima serie animata.

Chiaramente ispirata al teatro takarazuka, in cui anche i ruoli maschili sono interpretati da attrici, la storia ruota intorno alla giovane Principessa Zaffiro, nata nel reame di Silverland, che possiede, per colpa di un angioletto dispettoso di nome Tink, sia un cuore maschile, sia uno femminile; le tradizioni di Silverland non consentono però a una donna di succedere al trono e il fatto che Zaffiro sia una ragazza viene così tenuto segreto. Zaffiro intanto, "travestita" da ragazza, incontra il principe del vicino reame di Goldland, Franz Charming, e se ne innamora. Le losche trame del Duca Duralmin faranno venir alla luce la verità proprio mentre Tink è sulla terra per riparare al danno compiuto...
A complicare ulteriormente le cose interviene la signora Hell (Mefistofele) che cerca di strappare a Zaffiro il cuore femminile per donarlo alla figlia Hekate.

Pubblicata a puntate sulla rivista «Shojo Club » tra il 1953 e il 1956 e in volume nel 1958, Ribbon no Kishi ebbe un seguito dedicato ai figli di Franz e Zaffiro —serializzato nel corso del 1958 su «Nakayoshi» e poi raccolto in volume col titolo Futago no Kishi (conosciuto anche come Twin Knights). Nel 1963 Tezuka diede alla luce una nuova versione di Ribbon no Kishi, serializzata sempre su «Nakayoshi» fino al 1966, completamente ridisegnata e in parte modificata nella trama. Fonti giapponesi riportano inoltre un'ennesimo rifacimento in sette puntate (scritto da Tezuka ma realizzato graficamente da artisti della Mushi Pro.) pubblicato nel 1967 da «Shojo Friend» per il lancio della serie animata di 52 episodi, trasmessa anche in Italia.

L'edizione Hazard ristamperà, in tre volumi di circa duecento pagine cadauno, la versione del 1963, il cui stile grafico più maturo valorizza enormemente la freschezza dell'originale.

Una storia avvincente e affascinante anche per i sempre nuovi personaggi che via via fanno la loro comparsa nei 3 volumi in cui si snoda la vicenda. I molteplici ambiti in cui tali figure si muovono, nonché le enormi differenze di carattere e di natura presenti fra di loro, comportano un'incredibile diversità tra i registri e gli stili di linguaggio utilizzati nell'opera. Pagina dopo pagina, il lettore passa dal linguaggio formale, arzigogolato e cerimonioso della corte, a quello grezzo, rozzo e con alcune punte di volgarità dei pirati, dall'incomprensibile parlata dialettale del dottore a quella mutevole e variegata dei demoni.
Il linguaggio, quindi, si presenta come una componente di primaria importanza per quest'opera, e costituisce quasi il fondamento della stessa. La lingua giapponese, così diversa e lontana dalla nostra tanto da apparirci strana, misteriosa e proprio per questo affascinante, si presta davvero benissimo per una tale varietà di stili, in quanto presenta diversi livelli di cortesia che si ottengono tramite l'utilizzo di speciali particelle (ausiliari verbali, prefissi o suffissi onorifici, ecc.) o attraverso la coniugazione dei verbi. Tezuka, utilizzando appieno le caratteristiche della sua lingua, adotta il tipo di registro linguistico più appropriato in base al personaggio parlante, agli interlocutori e all'ambiente in cui si svolge la scena. Non è quindi raro che due personaggi parlino tra di loro in modo colloquiale in privato e in modo più formale in pubblico, così come è possibile che un personaggio adotti un registro più ossequioso del solito nei confronti di chi lo ascolta se deve fare a quest'ultimo una richiesta o un dono, o se si trova in una situazione che lo vede a lui sottomesso.
La traduzione italiana di questo capolavoro ha presentato non pochi problemi, non solo per l'evidente difficoltà di rendere appieno la varietà di stili linguistici presenti, ma soprattutto per una caratteristica peculiare e per certi versi paradossale che la lingua giapponese ha. In questo idioma, infatti, non esiste il genere, ma vi sono per contro un linguaggio maschile ed uno femminile. E' possibile leggere pagine e pagine di dialoghi riguardanti un personaggio senza capire il sesso dello stesso, mentre è al contrario facile individuare il sesso del parlante facendo attenzione alle parole che quest'ultimo utilizza. Tezuka si serve molto bene di questa potenzialità della sua lingua che si adatta perfettamente al fulcro della storia, cioè la copresenza, in Zaffiro, di due nature, maschile e femminile, utilizzandola per celare la vera natura di Zaffiro in alcuni passi, e per renderla molto evidente in altri. Il traduttore italiano, non potendo fare a meno di rive lare il sesso delle persone coinvolte a causa della sintassi della nostra lingua, è costretto di volta in volta ad una non semplice analisi psicologica dei personaggi e del testo per cercare di capire se essi stiano considerando Zaffiro come un uomo o come una donna, e rendere i dialoghi di conseguenza. Tale analisi è stata condotta scena per scena e frase per frase. Risultano comunque prevalenti le sequenze in cui Zaffiro è vista come un uomo, scelta suffragata dal fatto che essa viene chiamata più volte con l'appellativo di "Principe" anche da parte di chi è perfettamente a conoscenza della sua natura femminile. È altresì difficile far risaltare il sesso di Zaffiro quando è lei a parlare e Tezuka lo mette in evidenza facendole utilizzare, a seconda dei casi, il linguaggio maschile o quel lo femminile, anche se comunque ciò traspare chiaramente anche nei dialoghi italiani.
Il lettore tenga presente di tutto ciò mentre si accosta a quest'opera.

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