Rainbow MagicLand 30/05/2011: il "sogno del parco"
Aldo Avancini è uno degli ingegneri che ha lavorato per realizzare Rainbow MagicLand. Il suo omaggio a chi ha lavorato duramente nel cantiere per tutti questi mesi
A cura di Aldo Avancini (ingegnere di Rainbow MagicLand)
C’è una poesia tedesca che, liberamente quanto malamente tradotta, recita: “non so cosa significhi, ma una favola di vecchi tempi non vuole uscire dalla mia testa”
Chiedendo anticipatamente scusa per la traduzione, io ho un sogno che mi assale ogni volta che un parco, o meglio la costruzione di un parco o parte di esso, si avvia alla conclusione.
E il sogno inizia sempre nello stesso modo, nello stesso ambiente, in cantiere, coperto di neve, tagliato dall’aria fredda che gela il respiro e la neve che scricchiola sotto le scarpe… nell’ora il cui le avanguardie vittoriose della luce inseguono gli ultimi residui di quella tenebra che si ritira dopo aver governato per la notte.
E con me entrano molti, molti uomini, coperti dei vestiti più incredibili, maglioni rattoppati, camicioni tipo coperta di cavallo e quanto altro, tutti accomunati da un aspetto infreddolito, sporco, vorrei dire non offensivamente, che ricordano quelle “lacere e mal nutrite schiere” che nel tardo medio evo si ritiravano sconfitte da un campo di battaglia.
Per loro non sventolano bandiere, vessilli o stendardi, non suonano trombe, corni o buccine, ma si ode solo lo scricchiolio della neve sotto i loro passi.
E sotto la neve si intravvedono cumuli, bracci enormi, bocche spalancate, occhi spenti, simili ad animali preistorici che si riposano nella notte.
E vedo questi uomini ingoiati da questi mostri e come dopo un boccone indigesto, sento un sibilo che via via si fa più acuto, un sibilo che aumenta di tono, quasi a voler dimostrare che questi mostri si ossigenano prima di svegliarsi.
E questo sibilo viene poi interrotto da un borbottio, quasi piccoli colpi di tosse, all’inizio impercettibili quasi, ma che aumentano di tono e frequenza, sino da ultimo esplodere in una nuvola nera dalla quale si innalza possente un rombo di tuono, quasi a sfidare chiunque ed il mondo intero.
E poi una pausa, cupo ronfare sotto la neve, quasi il mostro attenda che il sangue, riscaldato, penetri in tutte le sue arterie e vene, ad attendere che riscaldi i muscoli.
Ed ecco che infine, scrollandosi di dosso la neve, con cigolii che attestano la possenza del mezzo, si vedono queste macchine muoversi, prima lentamente, quasi tastando il terreno, e poi con sempre maggior sicurezza, trascinandosi e lasciando una scia nella neve.
Ecco, allora io penso che sarebbe bello conoscere soprattutto quello che nell'ombra ha lavorato, che pur magari poco e più nascostamente ha lavorato, che con meno appariscente applicazione e professionalità ha lavorato, perché vorrei ringraziarlo, conscio che senza la sua pur piccolissima e troppo spesso non gratificante opera, il parco non sarebbe stato completato.
Fonte: Aldo Avancini