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Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2013 08:04
OFFLINE
Post: 9.854
Città: MILANO
Età: 54
Sesso: Maschile
29/12/2012 16:47

Guido Tavassi


TITOLO: Storia dell'animazione giapponese. Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi
AUTORE: Guido Tavassi
CASA EDITRICE: Tunuè
PAGINE: 605
COSTO: 24€
ANNO: 2012
FORMATO: 23 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano

Questo è un saggio storico sull'animazione giapponese, quindi procede, ovviamente, in ordine cronologico: dai primordi dell'animazione giapponese nel 1917 quasi fino ai giorni nostri. Scrivo “quasi” perché si ferma al 2011, benché siano accennate alcune serie del 2012.
Ad ora direi che “Storia dell'animazione giapponese” sia l'unico libro di questo genere pubblicato in Italia. In passato furono dati alle stampe altri libri con una impostazione simile, ma tendevano ad essere più degli index, che saggi articolati.
Il saggio non può contenere tutta la produzione giapponese, altrimenti sarebbe un “dizionario degli anime”, cioè un index, ma nomina e valuta solo le serie tv, i film, gli OAV e gli ONA (OAV più brevi per il web) che hanno avuto un qualche valore/impatto nel mondo dell'animazione nipponica.
Oltre alla citazione delle opere e dei suoi autori principali il saggio riporta, sempre in breve, aneddoti sulla produzione e sugli autori, l'illustrazione delle tematiche, una valutazione sui contenuti e la qualità del prodotto, un panorama sulle case di produzione, infine spesso è presente una breve sinossi della trama, ma che raramente rivela il finale. E' dato anche un panorama esaustivo delle politiche industriali e commerciali riguardanti gli anime, con una attenzione particolare all'andamento economico del mercato distributivo giapponese.
Sono sempre specificate le innovazioni tecniche che nel tempo si sono succedute nell'animazione nipponica, per esempio si può leggere dell'ascesa della computer grafica negli anime.
Il saggio è di facile lettura, scivola via tranquillamente, sempre considerando che è composto da una sequela di titoli, nomi, e date, cioè il contenuto base di un saggio storico.

Largo spazio è riservato all'animazione giapponese non commerciale, indipendente, sperimentale.
Il libro comprende dei “box informativi” in cui sono approfondite alcune tematiche specifiche (sul titolo, autore, casa di produzione, tecnica di animazione) o generali sulla cultura giapponese contemporanea.
L'unica pecca del libro riguarda il carattere con cui sono scritti questi “box informativi”, più leggero di quello del testo, fatto che permette di distinguerlo dall'analisi storica, ma che ne rende più difficoltosa la lettura. Altra pecca è che questi “box informativi” non sono presenti nell'indice, cosa alla quale cercherò di rimediare riportandoli per titolo in ogni capitolo.

Nel sesto capitolo sono presenti due contributi, il primo dell'autore, il secondo di Marco Pellitteri.
Il libro è interessante fin dall'introduzione (che di solito io tendo a detestare), in quanto qui funge proprio da “introduzione”, senza perdersi in altre questioni. Spiegando i termini tecnici dell'animazione giapponese, il contesto in cui sono nati, la descrizione dei ruoli in una produzione.
Riporterò l'indice del libro per ogni capitolo, dato che lo stesso indice è già indicativo dei contenuti. Specifico che l'indice mi è stato inviato (su mia richiesta) da Marco Pellitteri, che ringrazio della cortesia, in modo da evitarmi di dover ricopiare quasi otto pagine del libro.

INTRODUZIONE

Definizione e forme dell'animazione giapponese
Evoluzione della terminologia
Pubblici, formati e tecniche

Il processo di produzione dell’animazione commerciale
Soggetto, sceneggiatura, ekonte
La fase di animazione: tradizione e innovazione
Postproduzione: sonorizzazione, vocalizzazione, montaggio
Costi, risorse, industria e mercato

Generi e sottogeneri dell’animazione commerciale
Classificazione demografica
Classificazione tematica

L’animazione non commerciale
Piano dell’opera


Nell'introduzione sono presenti i seguenti “box informativi”:
Il fansub - I ruoli nell'animazione commerciale giapponese – Il principio di base della ripresa e proiezione nell'animazione – Divisione in generi su base demografica – Divisione in generi su base tematica – I molti tipi di erotismo giapponese negli anime.
Il box informativo “I ruoli nell'animazione commerciale giapponese” riporta, con spiegazione del ruolo, i nomi di questi ruoli:
Pianificazione ( kikau dangai); autore (gwnsakusha); regista (kantoku); produttore esecutivo (enshutsu); sceneggiatore (kyakuhonka); character designer; mechanical designer; direttore artistico (bijutsu kantoku); direttore dell'animazione (sakuga kantoku); animatore-chiave (genga); intercalatore (doga); coordinatore della colorazione (iroshitei); creatore degli effetti speciali (tokushukoka); direttore della fotografia (satsue kantoku); effetti sonori e suono (koka, onkyo kantoku).

Capitolo I Le origini
1917-1929
I.1 Genesi, e dibattito sulla genesi, dell’animazione giapponese
I.1.1 Il frammento Matsumoto
I.2 Ôten Shimôkawa, Seitarô Kitayama e Jun’ichi Kôuchi
I.3 Gli animatori degli anni Venti
I.3.1 L’avvento del sonoro


Nel primo capitolo non sono presenti “box informativi”.
E' dato conto sia delle controversie sulla datazione del primo filmato d'animazione nipponico (1917), sia delle fonti sui titoli prodotti in quel primo anno. Si passa all'animazione degli anni, per finire con l'avvento del sonoro.
A pagina 54 si può leggere che durante la proiezione dei film, prima dell'avvento del sonoro, in sala era presente la figura del “benshi”, la voce narrante, “che raccontava il film al pubblico in sala, per la maggior parte analfabeta e incapace di leggere le didascalie”.
Questa informazione è presa da un libro francese sul cinema d'animazione nipponico, nota numero 24 a piè di pagina.
Secondo me la fonte riportata commise un grande errore, i quanto tutti, e ribadisco tutti, i libri sia storici che sociologici sul Giappone (anche quelli scritti negli anni 30 e 40 che io ho letto), convengono sul fatto che l'analfabetismo in Giappone era una rarità. Dall'era Meiji in poi una delle prime riforme fu la scolarizzazione obbligatoria, l'unico modo che avevano per far recuperare in breve i secoli di arretratezza tecnologica rispetto all'occidente.
Posso immaginare che la “voce narrante” ci fosse per altri motivi, magari il piacere di sentire una recitazione durante una proiezione muta, escludo che la motivazione fosse l'analfabetismo, che ci sarà anche stato, ma assolutamente non di massa.

Capitolo II L’animazione in tempo di guerra
1930-1945
II.1 Gli anni Trenta
II.1.1 Venti di guerra sull’animazione
II.1.2 L’animazione di propaganda
II.1.3 Il divino Momotarô contro gli americani
II.2 La competizione con le produzioni cinesi e l’animazione non di propaganda del periodo bellico

Nel secondo capitolo non sono presenti “box informativi”.
All'inizio degli anni 30, nonostante la deriva militarista, c'era ancora spazio per una certa libertà espressiva, questo finché iniziò l'uso massivo dell'animazione a scopo propagandistico, con relativa censura di tutti quei contenuti che esulavano (o si opponevano) alla nuova missione: l'espansione territoriale e l'esaltazione della guerra e della supremazia del Giappone.
Fu questo un periodo di grande sviluppo per l'animazione nipponica, in quanto i committenti (militari e ministeri) della propaganda non lesinavano i mezzi, a fronte, però, della mancanza di libertà espressiva. Tra il 1917 e il 1945 furono realizzati non meno di 400 filmati d'animazione.

Capitolo III Il dopoguerra e la nascita dell’animazione industriale
1946-1963
III.1 Gli anni della ricostruzione (1946-1954)
III.1.1Gli studi d’animazione attivi nell’immediato dopoguerra
III.2 Il cinema d’animazione della Tôei Dôga e l'avvento dell'animazione televisiva (1955-1963)
III.2.1 I primi film brevi della Toei
III.2.2 Hakujaden
III.2.3 Gli altri lungometraggi Tôei del primo periodo
III.2.4 L’esordio dell’animazione televisiva
III.2.5 Il primo contributo di Osamu Tezuka: Tetsuwan Atom
III.2.6 Le altre serie televisive animate del 1963


Nel terzo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
Dall'occupazione americana alla democrazia parlamentare; L'ingresso della Toei nel mondo dell'animazione; Hakujaden, la trama del film; Il Mainichi Eiga Concours; Lo sviluppo dell'economia nipponica e la diffusione della televisione; Il papà pacioccone dai manga agli anime.

Nel primo dopoguerra le risorse per l'animazione erano quasi nulle, c'era da ricostruire una nazione. Inoltre le poche opere dovevano sottostare al visto della nuova censura, quella degli usa, impegnati a sradicare il militarismo ed il nazionalismo nipponico.
La rinascita economica del Giappone porta nel 1955 a quella dell'animazione, infatti nasce la Toei Doga.
E' dato conto del primo lungometraggio della Toei Doga, “Hakujaden”, e di tutti gli altri film di questo primo periodo della neonata ca di produzione.
Grazie all'aumento vertiginoso dell'economia giapponese i nuovi consumatori nipponici potevano avere il nuovo elettrodomestico arrivato dagli Usa: il televisore.
Dall'inizio degli anni 60 iniziavano ad essere prodotte le prime brevi serie tv per la tv: “Instant history” e “Atarashi doga – mittsu no anashi”.
Ma gli anime come li conosciamo noi nacquero quando il “dio dei manga” indirizzò la sua attenzione verso la tv con “Tetsuwan Atom”, che andò in onda il 01/01/1963.

Capitolo IV Il movimento indipendente e il Sôgetsu Animation Festival
IV.1 Noburo Ofuji: i film della maturità
IV.2 Yokoyama, Kuri, Manabe, Yanagihara
IV.3 Sviluppi dell’animazione d’autore negli anni Sessanta


Nel quarto capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
L'Anido;
Il capitolo ripercorre la storia degli autori di animazione sperimentale e dei loro cortometraggi e film.

Capitolo V La rivoluzione televisiva
1964-1970
V.1 Il tramonto del cinema ad animazione totale
V.2 La proliferazione degli studi d’animazione e la diversificazione dei generi
V.3 Strategie e modelli: i casi di Tôei Dôga e Mushi Production
V.3.1 Il caso Tôei Dôga
V.3.2 Il caso Mushi Production


Nel quinto capitolo non sono presenti “box informativi”.
Il boom degli anime in tv ebbe l'effetto di ridurre i film d'animazione al cinema. Anche la Toei Doga cavalcò il nuovo mezzo espressivo (d'affari), a discapito dei film.
Nel 1965, con “Jungle Taitei”, venne prodotto il primo anime a colori. In questo periodo proliferavano gli studi di produzione per far fronte alla richiesta di nuove serie tv, e si inizia a differenziare l'offerta per generi. Non più solo serie per ragazzi, ma entrambi i sessi e per tutte le età. Gli anime entrano in questi anni nell'era della produzione di massa.
Sono riportate le situazioni dei due studi più importanti del periodo : Tôei Dôga e Mushi Production.

Capitolo VI/1 Dai super robot all’anime boom
1971-1983
VI/1.1 Nel segno della fantascienza: super robot e variazioni sul tema
VI/1.1 .1 L'immaginario fantascientifico di Go Nagai
VI/1.1 .2 Non solo robot giganti: supereroi e astronavi
VI/1.1.3 L’astro nascente di Yoshiyuki Tomino
VI/1.2 Nuovi generi: Sekai meisaku gekijô
VI/1.3 La varietà della produzione Toei, Tôkyô Movie e Tatsunoko
VI/1.4 La Tezuka Production e gli special TV
VI/1.5 La parabola della Sanrio Film e l'esordio della NHK
VI/1.6 Oltre il super robot: il realismo e la space opera
VI/1.7 Tokyo Movie Shinsha
VI/1.8 Gli anni dell’anime boom
VI/1.8.1 Anime boom sì, ma con alti e bassi
VI/1.8.2 Un anime boom nato dai manga
VI/1.8.3 Anime, idol e musica: un boom di e per otaku
VI/1.8.4 Un’esplosione di anime e di generi
VI/1.8.5 Il boom nei cinema e dei film tv


Nel sesto capitolo parte uno sono presenti i seguenti “box informativi”:
Le tante vite della Yamato; I robot della Toei del dopo Nagai; Le origini del Sekai meisaku gekijo; Osamu Dezaki e la sua firma stilistica nell'animazione commerciale; Il fiore all'occhiello di Daitarn 3: l'animazione di Yoshinoori Kanada; Lo Studio Nue; Futuro contro passato: Tomino vs Matsumoto; Le principali coproduzioni delle TMS con l'estero degli anni 80; Il richiamo della foresta (nipponica); Goshu e lo spirito della musica.

I primi anni 70 coincidono con l'escalation dei robottoni gonagaiani alla Toei Doga, che iniziava questa nuova collaborazione dopo la diaspora di molti validi animatori, causata dalle condizioni di lavoro e la poca libertà espressiva.
Il primo anime targato Go Nagai/ Toei Doga fu Devilman, ma il secondo fece il botto: Mazinga Z!
Il successo fu enorme, le tematiche nuove, il merchandising aumentò gli introiti, e i sequel arrivarono in fretta. Tra i record di Mazinga Z c'è anche quello dell'introduzione del “fanservice”. Le brevi scene di nudo servivano ad attirate il giovane pubblico, che inoltre poteva scegliere via posta alcuni aspetti della serie riguardo ai nomi dei robot cattivi o alle armi di Mazinga Z. Con il fanservice di Mazinga Z le case di produzione iniziavano a strizzare l'occhio al fan, concedendogli un piccolo potere decisionale.
L'autore passa ad elencare e commentare anche gli altri generi fantascientifici del periodo, comprese le case di produzione che li realizzarono.
Si racconta dell'arrivo sulla scena di Yoshiyuki Tomino alla Sunrise, della rottura tra Nagai e la Toei Doga e di chi venne assunto come sostituto.
Oltre ai robottoni nei primi anni 70 nacque un altro filone narrativo, il “Sekai meisaku gekijo” (in inglese “World Masterpiece Theater “). In Giappone questo genere è anche chiamato “Calpis kodomo gekijo”, “Il teatro per bambni della Calpis”, che era un'azienda di bibite che sponsorizzava queste serie, e che finanziava una serie all'anno, sponsorizzazione che cessò nel 1978 con “Peline Story”.
Sono elencate le serie, di generi differenti, della Toei Doga, Tôkyô Movie e Tatsunoko. Di queste ultime due sono raccontate anche le vicissitudini societarie legate a serie che non ebbero successo commerciale o dovuti a problemi organizzativi.
Tezuka ritornò in tv con lo Special TV di due ore dal titolo “100 mannen chikyu no tabi: bander book”, prodotto dalla sua Tezuka Prodution.
Sono ripercorsi tutti gli accadimenti salienti riguardo la produzione delle serie più importanti di quel periodo.
L'anime boom dei primi anni 80 vide, di nuovo, un rinnovarsi di tematiche e generi. A trame consolidate, come quelle robotiche, si aggiungevano problematiche esistenziali ed intrecci amorosi, (Ideon e Baldios) che non sempre ebbero successo di pubblico. Fece irruzione la “love comedy”, come in Lamù, e in generale il confine tra il genere shonen e shojo si assottigliò, tanto che ormai serie per ragazze attiravano anche i maschi e viceversa.
Spinte dalle enormi tirature delle riviste di manga le case produttrici attinsero a piene mani da quel rassicurante capitale di notorietà. In questi primi anni 80 fecero la loro comparsa le idol virtuali, come Lynn Minmay e Creamy mami, con annessi picchi di vendite discografiche. In generale fu sdoganato l'erotismo, sempre esistito nell'animazione nipponica, ma che ora era molto più presente, impersonato anche da protagoniste adolescenti.

Capitolo VI/2 L’anime boom in Occidente. Il primo periodo di successo dell’animazione commerciale giapponese in Europa e in America
1978-1984
di Marco Pellitteri
VI/2.1 Di cosa parliamo quando parliamo di anime boom
VI/2.2 Prima dell’anime boom
VI/2.3 Il primo anime boom in Europa e la sua appendice negli Stati Uniti
VI/2.3.1 In Europa
VI/2.3.2 Negli Stati Uniti


Nel sesto capitolo parte due non sono presenti “box informativi”.

Il contributo di Marco Pellitteri è focalizzato sull'invasione degli anime in Europa e Stati Uniti, e non sono analizzate la qualità di quegli anime, ma si cerca di spiegare il perché quell'invasione ebbe tanto successo. L'occidente non fu “invaso” nella medesima maniera: Italia, Francia, Spagna, Usa Canada e Germania (in ordine di importanza di impatto) furono i più colpiti.
In Europa furono le serie tv a cambiare per sempre la fruizione dei cartoni animati, mentre negli Usa furono i film e gli OAV ad avere questo ruolo.
Per l'Europa il fattore di successo degli anime televisivi fu il loro basso costo (dovuto anche al basso valore dello yen) assieme a questioni locali, cioè le neonate tv private necessitavano di materiale da poter trasmettere.
Negli Usa il boom degli anime, nonostante fin dagli ani 60 l'animazione nipponica fosse presente, arrivò intorno alla metà degli ani 80 con Macross, ma l'introduzione degli anime fu dovuta ai fan nippoamericani che portarono dal Giappone le VHS dei nuovi anime, che loro stessi sottotitolarono, creando, quindi, un interesse dal basso.

Capitolo VII L’età dell’oro dell’animazione indipendente
Gli anni Settanta e Ottanta
VII.1 I grandi maestri del periodo
VII.1.1 Kihachirô Kawamoto
VII.1.2Tadanari Okamoto
VII.2 Renzo Kinoshita e la nascita dei festival e delle scuole
VII.3 Autori ed esperienze significative del periodo
VII.3.1 Il Tokyo Image Forum e Nobuhiro Aihara
VII.3.2 Il Tezuka sperimentale
VII.3.3 I tardi Kuri e Furukawa
VII.3.4 Altri autori


Nel settimo capitolo non sono presenti “box informativi”.
Il capitolo illustra la storia dell'animazione indipendente, cioè non commerciale, negli anni 70/80. Partendo dai due maggiori interpreti della “puppet animashow” (pupazzi animati in stop-mption), Kihachiro Kawamoto e Tadanari Okamoto. Il capitolo da conto anche gli altri autori e dei festival si animazione sperimentale.



Capitolo VIII L’animazione commerciale tra vecchi e nuovi formati
La crisi della serie televisiva, l’esplosione dell’homevideo e il rilancio del cinema
1984-1994
VIII.1 1984
L'epopea di Miyazaki e della sua Nausicaa
Nascita dello Studio Ghibli e della Gainax
Parole d’ordine: fantascienza, magia, OAV
VIII.2 1985
Una situazione interlocutoria
Film, serie, OAV: all'insegna della varietà dei formati
Fra le ragioni del boom degli OAV: erotismo e pornografia
Decrescita delle serie televisive
VIII.3 1986
La Tôei all’insegna dei supereroi
Romanticismo e modellini
Al cinema
Nell'homevideo
VIII.4 1987
Tanti OAV, nonostante tutto
Film al cinema tra sperimentazione e successo
Le serie televisive: azione, comicità e amori adolescenziali
VIII.5 1988
Seguiti al cinema di serie televisive
Le due anime del Ghibli
Il fenomeno Akira
Riassestamenti produttivi
Fantascienza e fantastico per l'homevideo
VIII.6 1989
Il boomerang dell’economia giapponese
La morte di Osamu Tezuka
Il canto del cigno della super prolificità seriale
Il picco storico degli OAV
Al cinema: successi e fantascienza
Ghibli in crescita: il gioiellino Kiki’s Delivery Service
VIII.7 1990
L’ascesa di Hideaki Anno
Al cinema e nell’homevideo
VIII.8 1991
Al cinema, fra capolavori e non
Serie televisive in crescita numerica e calo qualitativo
Gli OAV del dopo boom: qualità costante, quantità in calo
VIII.9 1992
Dal ristagno al rilancio
Il fenomeno Sailor Moon
Le altre serie rilevanti in televisione e nell’homevideo
Porco Rosso e gli altri film cinematografici
VIII.10 1993
La fuga degli sponsor
All’insegna delle serie Tôei e delle collaborazioni fra produttori
I successi OAV: fantascienza, fantastoria, fantamedicina
Oshii, Kawajiri, Takizawa: gli astri dell'ano al cinema
VIII.11 1994
La diminuzione degli episodi delle serie televisive
Anime e multimedialità programmata
OAV: revival e inseguimento dei successi televisivi
L'appuntamento con il Ghibli e gli altri successi cinematografici


Nell'ottavo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
Ovvietà dell'OAV; Lamù e il sogno di Oshii; Per capire meglio Nausicaa; Megazone 23: simbologie del Giappone degli ani 80; Breve storia della Kaname; Il viaggio in Occidente visto dalla Cina e dal Giappone; Dominion, un simil Patlabor meno fortunato; Il salaryman, cliché dell'impiegato nipponico; Anime e videogiochi, gli esordi; La cultura kawaii nell'animazione; I ricordi struggenti di Taeko; L'eccezione “Caro Fratello...”; La nuova vita della Tokyo Movie Shinsha e i riassestamenti del sistema; I Power Rangers e i colori totemici; Il trio di inossidabili serie di/per bambini; Black Jack, un successo senza tempo; Lo studio J.C.Staff; Matsumoto nella cabina di pilotaggio;

Da questo punto in poi il saggio prosegue assegnando ad ogni paragrafo un anno di animazione, divisi ulteriormente in altre tematiche. Visto che ho riportato i titoli di tutti i sotto paragrafi (cosa che già ne rende i contenuti a grandi linee), eviterò di entrare nel dettaglio, cosa anche impossibile vista la quantità di titoli e le tematiche trattate.
Mi limiterò a dar conto di quello che mi è parso il filo conduttore dei capitoli del saggio: i cambiamenti del mercato commerciale di serie tv, film ed OAV in Giappone.

1984
Nel 1983 in Giappone c'erano circa 9 milioni di videoregistratori, corrispondente al 25% della popolazione. Nacquerò così gli OAV in VHS. Opere più libere (in primis dagli ascolti tv), di maggiore qualità (dovuta anche la fatto che non ci fossero più le pressanti date di scadenza per la trasmissione) e con tematiche più adulte. Nacque quindi un nuovo mercato, quello dell'homevideo.

1985
Nel 1985 le reti tv abbassarono drasticamente il budget per una serie, il che spinse aumento il numero di serie edite per l'homevideo, gli OAV in videocassetta. OAV che permettevano maggiore libertà espressiva, ma anche maggiori introiti. Inoltre cambiava per sempre la fruizione di un anime, non più regolato dalla messa in onda, dalla pubblicità e dallo share, ma visionabile quando si voleva e per le volte che si desiderava. Senza contare la possibilità di scambiarsi le VHS.
Si generò un fenomeno inaspettato, ovviamente i lungometraggi più di successo godevano della pubblicazione in formato VHS, ma anche gli OAV di successo passavano nelle sale cinematografiche.

1986
Il numero di serie televisive restava basso, mentre gli OAV crescevano, e le case di produzione, per evitare flop, proponevano solo serie prese da manga di successo.

1987
Il mercato degli OAV serviva anche a recuperare serie che in passaggio tv precedente avessero avuto un ascolto deludente, quindi veniva prodotto un nuovo OAV, a cui seguiva la riproposizione della “vecchia” serie. Inoltre si perfezionò il meccanismo commerciale secondo il quale si producevano OAV di 45 minuti, a cui, se il primo era di successo, seguivano altre puntate.

1989
La crisi economica iniziò a farsi sentire nel mondo dell'animazione, che già non brillava per le serie innovative. Infatti si producevano serie tratte da manga già famosi, oppure remake di vecchie serie di successo, prassi che iniziò a prendere piedi in questi anni e che dura ancora.
E' del 1989 il primo anime derivato da un videogioco, “Dragon Quest”, sviluppato per il Nintendo Famicom nel 1986. Gli OAV raggiunsero il picco di 392 VHS, delle quali 73 furono titoli nuovi.

1990
La crisi economica ormai acclarata si fece sentire pesantemente nel mondo dell'animazione. Tra le poche serie innovative del 1990 va citata “Nadia - Il mistero della pietra azzurra” di Hideaki Anno. Inoltre fece irruzione, con l'anime “Magical Talroot-kun”, lo stile kawaii dei disegni. Usato in questo titolo per la prima volta proprio allo scopo di sfruttare la “cultura kawaii” e catturare un pubblico fuori target rispetto alla serie (indirizzata ai bambini), ragazze e giovani donne che s'innamoravano dei personaggi per come erano disegnati.

1991
La crisi delle serie tv continuava, sia una crisi di qualità e contenuti, che di numerica. Una delle poche eccezioni fu “Caro Fratello...”, mentre il mercato degli OAV continuava ad andare bene, immune alla crisi degli sponsor delle serie tv, con relativo calo di budget.

1992
Si consolida la strategia di mercato che al collegamento anime più manga (o viceversa, seppure in maniera meno frequente), segue il merchandising, a cui si somma ora il videogioco.

1993
A causa della recessione molti sponsor si ritirarono dal mercato della serialità tv, i rimanenti sponsor iniziarono ad assumere un ruolo nella definizione del prodotto. Cosa che portò ad un ulteriore impoverimento di contenuti e innovazione. Un esempio di questo crollo fu che i doppiatori divennero delle star. Prima erano i personaggi degli anime a dare notorietà e fama ai doppiatori, ora era il contrario.
Allo scopo di ridurre i costi e mantenere accettabile la qualità si iniziò a produrre serie da 26 episodi.

1994
L'ottimizzazione dei costi e la necessità di massimizzare i profitti portò ad una maggiore multimedialità delle serie tv (come in Rayearth). Per esempio, in questo contesto, la Bandai acquisì la Sunrise. Inoltre le serie iniziarono ad avere la durata di 13 episodi, come un OAV.

Capitolo IX La rinascita dell’animazione seriale e il successo internazionale
1995-1999
IX.1 1995
Il Giappone trema, ma non crolla
La serie di culto del 1995: Neon Genesis Evangelion
Adolescenti, parodie e anime in notturna
L’apoteosi degli OAV di qualità
Film di rilievo: sospiri del cuore, Shoah e post-cyberpunk
IX.2 1996
Il modello Evangelion come volano di un nuovo boom
Rinascita dell'animazione televisiva, ma serialità più breve
Gli ultimi exploit della lunga serialità televisiva
La rigogliosa produzione di OAV
I film di rilievo nelle sale giapponesi
IX.3 1997
N.A.S la nuova animazione seriale (e della notte):
vampire e guerrieri
La nuova cornucopia della platea televisiva
Due fenomeni multimediali: Pokémon e Utena
Le altre serie televisive degne di nota dell’anno
OAV: erotismo, fan service e videogiochi
Al cinema: classici rispolverati e successi a colpo sicuro
Il testamento filosofico di Hayao Miyazaki: Princess Mononoke
Kimba contro Simba e il samurai vagabondo
IX.4 1998
Fra lutti, celebrazioni e riflessioni critiche
L’incremento dell’uso del digitale e il fenomeno Cowboy Bebop
Giochi di carte, robot fuori tempo massimo e fantascienza introspettiva
Le altre serie televisive di rilievo
Gli OAV: nuove idee e innovazioni tecniche
Al cinema: gli astri di Kon, Oshii, Otomo e Amano
IX.5 1999
Maghette, pirati e ancora fantascienza
Serialità per adolescenti e giovani adulti
Il ritorno dei classici: corsari spaziali, samurai raminghi e orfani vagabondi
Al cinema, personaggi di cassetta e capolavori


Nel nono capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
I misteri di Evangelion; La trama di Ghost in the Shell; Genii al lavoro: Studio 4°C; Utena: la trama; La guerra dei ciliegi; Le iniziative Wowow; L'ecologismo di “Blue Submarine No. 6”; Una distopica cappuccetto roso;

1996
Fu la vendita per l'homevideo di Evangelion a far decollare il nuovo formato DVD. La Gainax inaugurò una nuova strategia commerciale con Evangelion, il passaggio in tv non era più l'atto conclusivo della vita di una serie, ma una vetrina, che continuava con la vendita dei DVD e il merchandising. Grazie agli introiti di questa nuova strategia la qualità delle serie tv iniziò a risalire, eguagliando quella degli OAV.

1997
Ora gli OAV stavano per essere sostituiti dalle serie prodotte per la neonata fascia notturna televisiva (anche criptata), “Late Night Time”, che permetteva di raggiungere la grande platea televisiva senza i problemi dovuti agli orari in cui c'erano i bambini.

1998
La ristrutturazione dell'industria dell'animazione iniziata 3 ani prima con Evangelion produsse nel 1998 un boom di anime per la tv, ed una costante diminuzione degli OAV, tra i quali iniziavano a prevalere quelli di genere hentai.

1999
Il nuovo anime boom di questo periodo, dovuto alla vendita dei DVD dopo un passaggio tv, rischiava di saturare il mercato interno della classiche fasce di bambini/ragazzi. Quindi le produzioni si indirizzarono verso un pubblico più adulto (e con maggiore capacità di spesa), anche perché la denatalità aveva ridotto il business della vendita di giocattoli. Si iniziò anche a pensare ai mercati esteri come sbocco commerciale, infatti le serie più adulte per il mercato interno rischiavano di far disaffezionare i bambini.

Capitolo X L’animazione indipendente a cavallo fra i due secoli
X.1 La generazione Sogetsu tra gli anni novanta e duemila
X.1.1 Tadanari Okamoto
X.1.2 Kikachirô Kawamoto
X.1.3 Yoji kuri, Renzo Kinoshita, Taku Furakawa
X.1.4 Nobuhiro Aihara, Keiichi Tanaami
X.2 La nuova animazione indipendente: prima generazione
X.2.1 Masaaki Mori, Keita Kurosaka
X.2.2 Koji Yamamura
X.2.3 Gli altri autori di rilievo
X.3 Seconda generazione e oltre
X.3.1 I nuovi eredi dell’animazione a passo uno
X.3.2 Kunio Katô
X.3.3 Gli altri nomi eccellenti della nuova covata di artisti
X.3.4 Verso una terza generazione di autori indipendenti
X.4 Contatti fra animazione, videoarte e arte contemporanea nel nuovo secolo
X.4.1 Takashi Murakami e il superflat
X.4.2 Tabaimo
X.4.3 Takashi Ishida
X.4.4 Gli altri nuovi autori di talento


Nel decimo capitolo non sono presenti “box informativi”.
Il decimo capitolo riprende, da dove era stato lasciato, il discorso sull'animazione indipendente/d'autore. Raccontando sia le opere dei maestri più anziani, che quelle delle nuove leve, fino ai giorni nostri.

Capitolo XI L’animazione commerciale del nuovo secolo
2000-2008
XI.1 2000
Serie di successo per bambini
Le serie longeve esistono ancora: il caso Inuyasha
Serie e OAV per adulti: horror, storia, demenzialità
Al cinema: novità tematiche e tecniche
XI.2 2001
L'animazione ai tempi della crisi: fare finta di niente
Il tangibile declino qualitativo degli OAV
La corposa produzione cinematografica
I capolavori cinematografici dell'anno: 1 Metropolis
I capolavori cinematografici dell'anno: 2 La città incantata
Altri film importanti
XI.3 2002
Robot giganti di nuova generazione, cyborg ginoidi e magia
Le produzioni per internet e per l’homevideo: l’astro di Makoto Shinkai
Film al cinema: fantascienza e visioni ghibliche
XI.4 2003
Le serie televisive di spicco: lupi, alchimisti, ninja e steampunk
Fantascienza televisiva di qualità:
OAV: Animatrix, Cavalieri dello Zodiaco, Ken il guerriero e Mazinga
Al cinema: i pochi gioielli dell’anno
XI.5 2004
L’anno dei record: le serie in televisione
Quel che resta dell’OAV: vecchie glorie ancora sulla breccia
Le produzioni cinematografiche: dal disegno animato al celshading
Il ritorno di Ôtomo: Steamboy
Mind Game, il talento di Makoto Shinkai e la nuova fatica di Miyazaki
XI.6 2005
Le nuove modifiche al sistema economico e organizzativo dell’animazione
Serie televisive: quantità vs qualità
Riscoprire i robottoni: Eureka Seven
Fantascienza, fantasy, horror e Medioevo: le altre serie di rilievo
Gli OAV: il ritorno della Tatsunoko e della commedia romantica
Al cinema: l’eterno ritorno di Gundam
XI.7 2006
Fra crisi del sistema e sperimentazione d'autore
Sussulti direct-to-video e avanzata del web streaming
Il record degli anime in televisione
Un’animazione televisiva non solo d’evasione: il tema dell’isolamento sociale
Le serie di WOWOW
Ancora spiriti nel guscio, quaderni mortali e mecha di nuova generazione
Al cinema affollamento di grandi film
Il capolavoro visionario di Satoshi Kon: Paprika
La prima volta di un gaijin: Tekkonkinkreet
XI.8 2007
La flessione della produzione
Samurai meticci, personaggi letterari e mecha poetici
Non solo fantascienza: le inesauribili risorse del fantastico e della commedia
Gli eterni classici dello spazio: Gundam e Macross
Il nuovo corso degli OAV d’autore: pochi e buoni
Al cinema: una festa di genii dell’animazione
Il ritorno di Evangelion
Mito e nazionalismo nipponici di inizio XXI secolo
XI.9 2008
In televisione: discreta varietà nonostante la grande crisi
Cyborg del passato, disagio giovanile e parodie
Gli OAV: pochi scatti di creatività
Ancora Miyazaki: il richiamo dell’animazione
I nuovi film di Oshii e della Mushi


Nell'undicesimo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
La trama di Inuyasha; Lo scintoismo (e gli anime); L'anomalia Final Fantasy: un'ibridazione mal riuscita; Una trama semplice per un film complesso (Metropolis); Cosplay, otaku e anime; I padrini di Tokyo: la trama di Tokyo Goodfathers; Paranoia Agent: il capolavoro seriale di Satoshi Kon; Il mostro di Urasawa; Otogizoshi: la trama; Il castello errante di Howl: la trama; Originalità e critica sociale: Speed Grapher; Cartesio in salsa (post) cyberpunk: la trama di Ergo Proxy; Il revival non muore mai: ancora classici occidentali e ripescaggi di vecchi robottoni; Quasi un Evangelion, ma meno cupo: la trama di Gurren Lagann; I rischi dell'animazione digitale fotorealistica; L'impegno civile della Mushi.

Per evitare il rischio di un calo di pubblico da parte dei target dei bambini, dovuto alle serie adulte, il 2000 vide un aumento delle serie a loro destinate. Per risollevare il mercato degli OAV si creò lo OAD, cioè in una normale serie una puntata non veniva trasmessa in tv, ma distribuita solo in DVD.

2001
In quest'anno, grazie a “La città incantata” dello Studio Ghibli, l'animazione nipponica acquista fama e riconoscimenti internazionali, diventando un prodotto riconosciuto sia per qualità tecnica che per contenuti artistici. Benché resti sempre il mercato interno quello di riferimento, l'esportazione di film e serie tv fa ormai parte della strategia commerciale di ogni produzione.

2002
Per combattere la pluriennale stagnazione economica il governo pensò di veicolare all'estero i concetto di “Japn Cool”, per vendere prodotti in nuovi mercati. L'animazione fece parte di questa nuova strategia di conquista dei mercati esteri legati alla multimedialità. Nel contempo si faceva sempre più pressante la problematica del calo dei profitti degli abituali sponsor delle serie tv. Le aziende di giocattoli trovavano sempre meno serie su cui puntare, in quanto a causa della denatalità si producevano serie per un pubblico più adulto.

2004
L'economia tornò a crescere, ma il settore dell'animazione non aveva subito la crisi del resto del paese, avendo anticipato i vantaggi della globalizzazione, che aveva permesso di portare quasi a pieno compimento la delocalizzazione delle animazioni, cioè il subappalto in Corea del sud, Cina, etc etc. Questa strategia se aveva ridotto i costi di produzione aveva anche fatto crollare gli stipendi degli animatori ed intercalatori ancora presenti in Giappone, visto che i budget assegnati alle loro case di produzioni restavano in linea con quelli delle nazioni asiatiche vicine. Un animatore di queste piccole case di produzioni nipponiche veniva retribuito mensilmente con circa 500€.
La massimizzazione dei profitti si completava con la vendita anche all'estero del merchandising e delle serie e film.

2005
La produzione delle serie tv era assicurata da un consorzio di aziende che forniva i capitali e divideva i rischi, mentre per i film questo meccanismo non esisteva. Iniziò, quindi, un aiuto diretto sia dello Stato che delle banche per finanziare i lungometraggi.

2006
Il sistematico subappalto all'estero di una serie creava tre problemi: un basso salario per gli animatori restati in Giappone; la frattura tra l'ideazione e pianificazione di una serie e la realizzazione di questa, in quanto gli animatori ed intercalatori erano all'estero; un impoverimento professionale degli animatori ed intercalatori giapponesi, che visti i bassi salari cambiava settore.

2007
Il 2007 vide il settore dell'animazione raggiungere il 10% del PIL nazionale prodotto, ma ormai il mercato era saturo, ed iniziò una contrazione dei profitti. Anche il mercato Usa iniziava a non veder aumentati i profitti.

2008
La nuova crisi economica nata negli Usa si ripercosse anche sul settore dell'animazione nipponica, già in calo per motivi strutturali interni. Furono sacrificate le serie innovative, non basate u manga di successo o su serie già affermate.

Capitolo XII Il presente dell’animazione commerciale giapponese
2009-2011
XII.1 2009
Tempi cupi
Le grandi serie TV di Madhouse e Production I.G, nonostante tutto
Rispolverare Genji e parlare di terremoti
Certi classici non muoiono mai
Gli OAV: i manga delle CLAMP e di Yukinobu Hoshino alla ribalta
Cinema: il perentorio predominio artistico di Madhouse e Production I.G
XII.2 2010
Cenni di ripresa macroeconomica e contraddizioni del sistema dell’animazione
Cala ancora la produzione televisiva
Gli OAV: nuove tendenze e linguaggi introspettivi
La morte di Satoshi Kon e la reazione del cinema giapponese
XII.3 2011
Se la serialità supera la fantasia
Le serie televisive
La produzione homevideo
I film di rilievo dell'anno
Uno sguardo nel futuro


Nel dodicesimo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
Mazinga è sempre Maiznga; Gli assi dell'animazione (iper)commerciale al cinema; Prima di “Tibetan Dog”.

2009
I problemi strutturali dell'animazione nipponica restano: diminuzione degli sponsor; subappalto dell'animazione all'estero; crollo degli stipendi degli animatori ed intercalatori in Giappone, con conseguente impoverimento del settore.

Per l'autore, in conclusione, la contrazione del mercato interno e di quelli occidentali dovrebbe portare il Giappone a puntare sul ,mercato asiatico (cinese), oltre che riconcentrarsi su quello interno.
Considerando che dopo decenni di delocalizzazione produttiva tutte queste nazioni asiatiche hanno “imparato il mestiere” e rischiano di diventare temibili concorrenti.

[Modificato da La Visione 30/12/2012 10:25]
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Sesso: Maschile
21/01/2013 13:27

sembra interessante sto libro, se lo trovo gli do un occhio ;)


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Città: SALERNO
Età: 51
Sesso: Maschile
24/01/2013 08:04

da quanto ho letto, mi sembra di aver capito che il settore dell'animazione ebbe un crollo intorno agli anni '90 e per questo motivo le serie iniziarono a limitarsi ai 26 o 13 episodi ognuna..
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